Sant'Angelo
Domenica 4 maggio 2025
Sant'Angelo
Arrivati in tarda mattinata a Sant'Angelo Lodigiano per visitare il castello, abbiamo trovato parcheggio senza alcuna difficoltà. Poi, girato l'angolo, ci siamo immersi, letteralmente, nel mercato che abbiamo trovato grande e affollato, composto, come è normale per quello di Vimercate per esempio, da una lunga sequenza di bancarelle prevalentemente di abbigliamento, casalinghi e minutaglia, gestite quasi tutte da uomini. Qui però abbiamo avuto l'impressione che a prevalere, tra i frequentatori, fossero delle donne straniere abbigliate con quei fazzoletti che coprono la testa ma lasciano libero il viso, coi loro molti bambini. Il caffè preso presso un bar gestito da due donne cinesi accentua la vaga impressione di trovarci in un paese prossimo al mare Mediterraneo piuttosto che nel bel mezzo della pianura padana. Tuttavia nel locale successivo a quello cui c'eravamo rivolti noi, gli avventori seduti ai tavolini paiono essere tutti pensionati italiani.
Altre bancarelle, ma dedicate alle vendite di frutta e di verdura che, già quasi a mezzogiorno, esibivano ancora grosse quantità della loro deperibile mercanzia, le avremmo trovate verso la fine del nostro percorso.
La basilica di Sant'Antonio abate e Santa Francesca Cabrini ha la facciata poco appariscente. Risalta, invece, il bizzarro campanile concluso da un pinnacolo con l'orologio e un angelo al sommo. La cella campanaria, fatta di mattoni, è caratterizzata da finestre serliane a tre luci.
Abbiamo il tempo per visitare la chiesa. All' interno ci sorprendono gli ampi spazi, la complessità architettonica, le decorazioni elaborate, la luminosità. Una dozzina di confessionali, costruiti alla maniera imposta da Carlo Borromeo, sono allineati sull'arco disegnato dalla base della cupola principale. Entriamo quando si sono concluse da poco le prime comunioni. I ragazzi interessati portano un'abito uguale, bianco, lungo e un crocifisso al collo. E' un evento familiare sicché i gruppi parentali si fanno fotografare davanti all'altare. Tranne un ragazzo nero con i suoi, in netto contrasto con i frequentatori del mercato, qui sembrano esserci solo persone originarie del posto. C'è movimento e una confusione bella. Pensiamo che adesso si recheranno tutti a pranzo, a continuare la festa, in qualche locale scelto appositamente. Per fortuna non troviamo nessuno di loro, come temevamo, dove andiamo noi, che pure è nella piazzetta alle spalle della basilica. "Il Circolino" non si presta alle grosse compagnie e ai pranzi importanti. E' una trattoria, dall'aria antica, ricavata da una casa d'abitazione. Ci troviamo bene e ce la caviamo con la spesa di 20 euro ciascuno. Quando usciamo, quasi alle 14, troviamo una sorpresa. Il mercato è sparito. Le strade, ora vuote, sono già state pulite. Sembra di trovarsi in un'altra città.
La visita guidata al castello, proposta dall'associazione Lombardia Segreta, prenotata da tempo, costa 13 euro. A chi entra viene consegnato un adesivo a mo' di distintivo. Il cortile è grande, il castello immenso. Siamo in parecchi sicché formiamo due gruppi di circa trenta persone che seguiranno l'uno il percorso diritto, l'altro quello a rovescio. Tanto è lo stesso ci dice la guida: ci incontreremo a metà. Iniziata, puntualmente alle 15, la visita dura circa un'ora e mezza. Attraversiamo forse una ventina di stanze, dipinte, arredate, munite di oggetti notevoli e rari reperti. Sono almeno una parte di quelle, che, dopo essere state abitate, sono divenute museo. La guida, una signora non banale, piuttosto preparata e interessata alla materia che tratta, ci narra di alcune vicende dei proprietari che si sono succeduti. Siamo all'interno di un ampio fortilizio, collocato sulle sponde del Lambro a difesa dei confini del ducato milanese, che nel tempo è stato molto ampliato e modificato fino ad addivenire una sorta di palazzo signorile inserito in una fortezza. Del resto qui non viene mostrata che una frazione di ciò che hanno realizzato molte generazioni di signori che si sono succedute. All'inizio devono essere stati feudatari, poi capitani di ventura, gente dedita alla guerra prima per sé e poi, se del caso, per conto di altri. Poi avranno sfruttato a lungo chi lavorava le loro terre nel contado d'intorno. Da dove sarebbe potuta provenire, sennò, tutta la ricchezza esibita con questo formidabile edificio del quale, dell'interno, andiamo esplorando, superficialmente, una minuscola porzione? L'albero genealogico della famiglia Morando Bolognini, dipinto su una parete piuttosto alta, è forse più complesso e ramificato di quello di Jesse cui lavorarono Meda e Arcimboldo nel duomo di Monza. La persona che ci accompagna ci legge, a voce alta, quanto scrisse Giacomo Casanova di questo castello, quando vi fu ospitato e vi dormì male. Divertente. La stessa ci mostra alcuni intriganti accessi a vie di fuga un tempo tenute nascoste ma ora conosciute. Chissà se mai furono utilizzate e chissà quante saranno le altre mai scoperte. Da un cassetto della libreria antica tira fuori, tra altri che vi sono riposti, un taccuino le cui pagine sono riempite con una chiara, ordinata, scrittura. E' il diario di un viaggiatore che nell'Ottocento visitò terre lontane. Ora si sta provvedendo alla trascrizione, con sistemi telematici, dei documenti di questa natura presenti nella collezione del castello. Peccato non aver preso nota del nome dell'autore, nonostante anch'io prenda appunti con il lapis.
Tuttavia, il meglio, tra quanto esposto e osservabile in questo castello, è dato dalla raccolta di armi bianche pregiate, sia inastate che no, dell'armaiolo Carlo Maria Colombo.
Qui, i numerosi modelli sono molto bene conservati ed esposti in maniera esemplare.
Mario Usuelli.
Le fotografie allegate sono opera di Graziella Colombo e di Giovanni Pennati.